Con la sentenza n. 949 del 12 luglio 2017, pubblicata il 7 agosto 2017, il T.A.R. per il Piemonte ha affrontato il tema delle garanzie partecipative nei procedimenti di revoca ed esclusione dalle misure di accoglienza previste dal Ministero dell’Interno (SPRAR).
Il Collegio, in particolare, ha accolto il ricorso proposto dal richiedente asilo con riferimento alla censura relativa alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 (mancata comunicazione di avvio del procedimento, in difetto di qualificate e motivate ragioni di urgenza) che “trascina con sé la violazione del principio di proporzionalità”.
Osservano i Giudici Amministrativi che “E’ fondata la censura relativa alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, non essendo stata data alcuna comunicazione dell’avvio del procedimento relativo alla revoca delle misure di accoglienza. Tale norma prevede che l’avvio del procedimento sia comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale sia destinato a produrre effetti diretti. La medesima disposizione esclude la necessità di tale comunicazione qualora sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento.
Nel caso di specie, l’amministrazione, nel provvedimento impugnato, non ha fatto alcun riferimento a tali particolari esigenze, che peraltro, potrebbero anche giustificare, ai sensi del comma 2 dell’art. 7, l’adozione di misure cautelari nelle more della partecipazione al procedimento.
La giurisprudenza, infatti, ha affermato che il grado di urgenza necessario, che consente di omettere le garanzie partecipative, va valutato, di volta in volta, in relazione alle circostanze ed alla conoscenza da parte dell’autorità amministrativa dei fatti, che risultino obiettivamente di tale gravità ed evidenza da non consentire di procrastinare ulteriormente l’adozione del provvedimento o di rendere necessario l’apporto collaborativo dell’interessato (Cons. St. n. 3581 del 2013) e che comunque l’urgenza qualificata che, ai sensi dell’art. 7 della l. 241/90, consente all’amministrazione di derogare all’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, non può che attenere al singolo procedimento e trovare giustificazione nelle esigenze proprie e peculiari dello stesso, (Cons. St. n. 3048 del 2013). Pertanto l’amministrazione, se ritenga esistenti i presupposti di celerità che legittimano l’omissione della comunicazione dell’avvio del procedimento, deve dare contezza, nel provvedimento finale, dell’urgenza atteso che le ragioni della speditezza devono essere poste a raffronto con le esigenze di tutela del contraddittorio, soprattutto nel caso in cui il provvedimento da adottare consista nel ritiro o nella modificazione di un atto favorevole per i destinatari con conseguente venir meno di un effetto positivo (Tar Lazio n. 1663 del 2013).
La violazione del principio del giusto procedimento trascina con sé la violazione del principio di proporzionalità, poiché la mancata partecipazione dell’interessato al procedimento ha impedito all’amministrazione non solo di verificare le dichiarazioni accusatorie in ordine agli episodi che hanno portato al provvedimento impugnato (si rammenta che in ipotesi di misure che, quale che ne sia la natura giuridica, si riverberano sulla persona, il contraddittorio anteriore alla decisione definitiva è imprescindibile, tanto più se manchino prove oggettive), ma anche di valutare soluzioni alternative idonee a realizzare l’interesse pubblico protetto con minor aggravio per l’interessato. Questo non è stato messo nella condizione di poter esercitare il proprio diritto di difesa in relazione ai fatti per cui è stato accusato, tanto più che essi risultano genericamente enunciati nel provvedimento e in alcun modo circostanziati, il che concreta anche vizio di motivazione sul punto”.
(Fonte: meltingpot.org)
In allegato copia della sentenza.