Le fondazioni bancarie sono "molto importanti", in particolare "in Paesi avanzati in cui c'è una crescita disuguale che tiene fuori alcune fasce della popolazione", in questo senso "contribuiscono a colmare questi 'spread' negativi con interventi sul sociale, ad esempio sulla cultura che è uno straordinario veicolo di crescita economica". Ben radicate sui singoli territori, puntano "ad avere una crescita più inclusiva e una maggiore distribuzione della ricchezza, soprattutto cercano di riattivare l'ascensore sociale che in Italia si è un po' bloccato negli ultimi anni". Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, spiega così il ruolo delle fondazioni bancarie e del loro impegno sociale che pesa sempre di più sul welfare.
Le prospettive di crescita dell’economia italiana "sono buone, anche se inferiori alla media dei paesi avanzati. Stimiamo tassi di crescita prossimi all’1% sia per quest’anno che per il 2019. Crescita non elevata ma con solidi fondamentali. L’Italia non riesce tuttavia ad agganciare i tassi di crescita medi europei. Le linee di intervento sulle quali agire vanno dal rafforzamento delle infrastrutture, al recupero sul fronte degli investimenti; rispetto ai principali partner europei abbiamo accumulato un 'investment spread' molto elevato che con la Germania, nostro principale concorrente, è pari a 156 miliardi di euro dal 2007 ad oggi", spiega nel suo intervento al convegno 'La fondazione bancaria tra finanza e impegno sociale'.
"Bisognerebbe investire di più in ricerca e sviluppo; in Italia spendiamo 356 euro in R&S per abitante mentre la media in ambito europeo è pari a 675 euro. Un altro spread da ridurre riguarda la produttività del lavoro: dal 1995 al 2017, l’Italia ha visto crescere la propria produttività dello 0,4%, un quarto della crescita dell’intera Unione europea pari all’1,6%", aggiunge.
Un incremento del Pil "non è di per sé un obiettivo sufficiente - sottolinea De Felice -. Devono crescere anche il grado di coesione sociale, i livelli di inclusione, l'equità distributiva. Due aspetti sono, a mio avviso, rappresentativi della situazione italiana: sul fronte della formazione, la percentuale degli 'early leavers', giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno completato al massimo l’educazione secondaria inferiore, pari al 14% (2017) contro una media Ue del 10,6%. Esiste anche un evidente mismatch tra domanda e offerta di competenze, in particolare con riferimento alle materie scientifiche e tecnologiche".
Sul fronte del mercato del lavoro, "il tasso di disoccupazione giovanile, pur in calo dai massimi, rimane su livelli molto elevati. Il tasso di occupazione delle donne, poco sotto il 50% a settembre, resta ancora lontano da quello maschile: la differenza è superiore ai 18 punti percentuali e si colloca tra le più elevate nell’Unione Europea. In base a stime di Banca d’Italia, se il tasso di occupazione femminile raggiungesse la soglia del 60%, avvicinandosi a quello maschile, produrrebbe un incremento del Pil pari al 9%", evidenzia il capo economista di Intesa Sanpaolo.
"In un momento storico in cui il bilancio pubblico deve fare i conti con i vincoli sulla disponibilità delle risorse, le fondazioni bancarie possono offrire un contributo importante alla risoluzione di quelle 'questioni aperte' che impediscono al nostro Paese di agganciare finalmente un trend di crescita equilibrata, sostenibile ed inclusiva", chiosa De Felice.